“Lo celebrerò ancora” (Salmo 42:5) IL GRIDO DELLE NUOVE GENERAZIONI DI PENTECOSTALI
 La Storia del Movimento Pentecostale in Italia è ricca di uomini e donne che hanno servito il Signore con integrità di cuore e con fedeltà. Sarebbero infiniti i nomi di credenti che, ripieni di Spirito Santo, hanno dato se stessi per la causa dell’Evangelo e ubbidendo al mandato di Cristo hanno predicato il Regno di Dio nelle loro terre di origine, a volte accompagnati dal disprezzo degli oppositori e, addirittura, perseguitati a causa della Parola di Cristo. Nel sentire le loro storie di audacia spirituale, nel ricordare il loro modo di adorare Dio, i loro culti, le opere potenti che realizzavano, spesso siamo portati a pensare che la sete di Dio che i nostri fratelli avevano si è perduta, affermiamo che le nuove generazioni di pentecostali hanno perso il desiderio per Dio e per la Sua Parola. Eppure, siamo pienamente convinti che nel cuore rigenerato delle nuove generazioni di pentecostali vi sia ancora la sete di Dio, il desiderio di celebrarLo e di servirLo con tutto se stessi. Ad una considerazione generale e veloce i credenti del passato erano minori di numero, ma di maggiore fervore spirituale rispetto alla nostra attuale generazione. L’apice di quella spiritualità è stata certamente la persecuzione che, lungi dall’indebolire i fratelli, li ha fortificati nella fede in Cristo (II Tim.4:17). Ma questa evidenza storico-biblica non annulla la benedetta realtà, quella cioè di sapere che ancora oggi ci sono giovani vite rigenerate col sangue di Cristo che come i nostri fratelli del passato desiderano vivere una vita secondo l’Evangelo e che anelano rimanere fedeli a Dio nelle avversità della vita. Dunque, lo scopo di questa meditazione è quello di incoraggiare il popolo di Dio affinché sappia che ancora oggi vi sono dei giovani pentecostali che amano riguardare al passato, scoprire cosa i fratelli hanno lasciato in eredità, considerare come i credenti prima di loro hanno vissuto la loro esperienza spirituale e così imitarne il bene. L’esortazione dell’apostolo Paolo arriva a noi giovani con la stessa potenza di allora: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele; e l’Iddio della pace sarà con voi” (Filippesi 4:9). Dunque possiamo affermare che i giovani pentecostali:
BRAMANO ANCORA LA PIENEZZA DELLO SPIRITO SANTO
“Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente; quando verrò e comparirò in presenza di Dio?” (Salmo 42:1,2). Il salmista in questi versetti ci presenta l’esempio di una cerva, che dopo aver difeso i piccoli dagli animali feroci, dopo aver provveduto ogni cosa per il loro sostentamento, “agogna i rivi dell’acqua”. Egli stesso realizzava questo nella sua vita, in un mondo pieno di tribolazione e di lotta avvertiva il bisogno di avvicinarsi al suo Creatore, fonte d’acqua fresca per l’anima assetata. Sfogliando le pagine preziose della Bibbia scopriamo che tanti uomini prima di noi hanno realizzato questa sete di Dio, questo bisogno urgente di accostarsi quotidianamente all’Iddio che poteva soddisfare ogni loro bisogno. Infatti, il termine “agognare” vuole esprimere il desiderio del credente nello stare alla divina presenza del Signore Gesù, l’Unico capace di placare le richieste dell’animo umano. Questa sete di Dio e della pienezza dello Spirito che esisteva nei cuori di quanti ci hanno preceduto, esiste ancora oggi nei giovani cuori pentecostali. Giovani che si sono arresi al Signore, che lavorano nel campo di Dio con entusiasmo, forse con poca esperienza, ma con tanta forza spirituale che procede da una vita spesa alla ricerca della presenza di Dio. Non per forza dobbiamo volgere lo sguardo oltre-oceano per vedere dei giovani assetati di Dio. Diamo uno sguardo alle nostre comunità locali, guardiamo l’Opera nella quale Dio ci ha posti e scopriremo che è ricca di giovani credenti che, come i nostri fratelli del passato, bramano la pienezza dello Spirito Santo.
DESIDERANO ANCORA VIVERE IN COMUNIONE FRATERNA
“…Ricordo con profonda commozione il tempo in cui camminavo con la folla verso la casa di Dio, tra i canti di gioia e di lode d’una moltitudine in festa” (v.4). In passato, se si voleva rendere infelice un credente, gli si doveva impedire di lodare o pregare il Signore, in poche parole di esercitare i suoi “diritti” spirituali. Oggi molti sottovalutano la comunione fraterna, trascurando le riunioni di culto, pensando che, in fin dei conti, se ne possa fare anche a meno e in realtà questo è segno di una decadenza spirituale spaventosa. Il salmista bramava stare alla presenza di Dio e condividere la gloria del Signore con tutti i santi, avvertiva il bisogno di vivere quotidianamente quell’esperienza straordinaria. I giovani pentecostali rigenerati dalla potenza del Cristo sanno che Dio si trova nella comunione profonda con i redenti; infatti, leggiamo nella Bibbia: “Ecco, quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorano assieme! È come l’olio squisito che, sparso sul capo, scende sulla barba, sulla barba d’Aaronne, che scende fino all’orlo dei suoi vestimenti: è come la rugiada dell’Hermon, che scende sui monti di Sion; poiché qui l’Eterno ha ordinato che sia la benedizione, la vita in eterno” (Salmo 133). I giovani salvati che popolano le nostre chiese hanno compreso l’importanza di stare alla presenza di Dio, la necessità di non trascurare le riunioni di culto, l’indispensabile ricerca di una comunione intima con Dio e con la chiesa e, infine, hanno imparato ad ascoltare la voce di Dio: “il tuo popolo si offre volenteroso nel giorno che raduni il tuo esercito. Parata di santità, dal seno dell’alba, la tua gioventù viene a te come la rugiada” (Salmo 110:3).
CONTINUANO ANCORA A CONFIDARE NELLA PAROLA DI DIO
“Perché ti abbatti anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora” (v.5). Il salmista incoraggia se stesso a non mollare, ma a resistere perché l’intervento liberatorio di Dio non tarderà. Egli ha compreso che se vuole uscire dal suo stato di torpore spirituale, dalle sue difficoltà deve porre la sua più completa fiducia in Dio e nella Sua Parola. Ricordiamo tutti la storia di quella donna Siro-fenicia che ripose la sua totale fiducia nell’Onnipotente Dio e la sua fede in Cristo fu premiata. Le cose, grazie al Signore, non sono cambiate: ancora oggi incontriamo dei giovani credenti che nelle prove difficili della vita manifestano maturità e spiritualità, riponendo la loro fiducia nella Parola di Dio e nel Signore Gesù che continua ad essere capace di compiere grandi meraviglie. Le giovani schiere di Dio amano leggere, meditare e vivere personalmente la Scrittura, su di Essa fondano la loro speranza: “Ricordati della parola detta al tuo servitore; su di essa m’hai fatto sperare” (Salmo119:49). Le parole che Dio rivolse al giovane condottiero Giosuè sono attuali e attuabili anche per le nuove reclute che fanno parte dell’esercito di Dio: “Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai” (Giosuè 1:8).
ARDONO ANCORA PER LE ANIME PERDUTE
“Le mie ossa sono trafitte dagli insulti dei miei nemici che mi dicono continuamente:”Dov’è il tuo Dio?” (v.10). Queste sono le accuse che i nemici muovevano contro il salmista; essi mettevano in dubbio l’esistenza stessa di Dio. I fratelli che ci hanno preceduto hanno dovuto, con l’unzione dello Spirito di Dio, testimoniare in una società simile a quella in cui viveva il salmista. Società che non credeva in Dio e che perseguitava coloro che credevano in Lui. I nostri fratelli convertitosi al Signore “…se ne andarono di luogo in luogo annunziando la Parola” (Atti 8:4). Senza seguire una forma evangelistica precisa, ma mossi soltanto dall’ardente fiamma dello Spirito e dall’amore per i perduti, seguendo il modello biblico descritto negli Atti degli Apostoli, se ne andarono di casa in casa, di luogo in luogo annunziando il regno di Dio. Molti di questi fratelli erano semplici contadini, “popolani senza istruzione”: per questo motivo spesso venivano derisi e ingiuriati, ma infiammati dall’amore di Cristo raggiungevano case sperdute, luoghi deserti, anche in giornate nevose, purché il nome di Cristo fosse annunziato. Il segreto di questa diffusione spontanea aveva soltanto una spiegazione: l’opera potente dello Spirito Santo che rendeva efficace l’annuncio dell’Evangelo, convincendo gli individui e conducendoli ad un genuina e sincera conversione. Ma la passione per le anime perdute pervade ancora oggi il cuore di migliaia di giovani redenti, che toccati dalla Parola di Dio sono disposti a rinunciare a se stessi pur di predicare “l’Evangelo ad ogni creatura” (Marco 16:15). Il giovane Timoteo aveva compreso, proprio come suo “padre” nella fede, che testimoniare di Cristo e della Sua grazia è una necessità imposta al nostro cuore mediante lo Spirito (I Cor.9:16). La proclamazione di questo meraviglioso messaggio deve essere accompagnata da un cuore traboccante d’amore per i perduti. Un uomo di Dio ha detto: ”Se vivessi abbastanza vicino a Cristo, non potrei mai passare accanto ad un peccatore senza parlargli del Salvatore e non potrei mai passare accanto ad un credente senza condividere con lui Cristo”. Non dimentichiamo che è Lo Spirito Santo che riempie i giovani d’amore per essere dei veri testimoni di Cristo e degli autentici proclamatori di TUTTO L’EVANGELO.
Gioacchino Caltagirone |