IL PASTORE: un uomo di Dio
In ogni tempo la Chiesa di Gesù Cristo ha dovuto affrontare con discernimento e audacia lotte per la salvaguardia della verità del Vangelo. Già a partire dall’Antico Testamento i profeti del Signore si sono trovati a fare i conti con quegli uomini che nel Suo nome annunciavano delle falsità al popolo di Dio (Ger.28); anche gli apostoli, in seguito, hanno dovuto affrontare difficili battaglie per la tutela di TUTTO L’EVANGELO (I Tim.6:3-12; II Tim. 2:14-21; II Pt.2:1,2; Gd.3,4). Dunque, nel nostro testo, l’apostolo Paolo richiama Timoteo, suo figlio in fede, a tenere alta la sua consacrazione, a non perdere di vista la chiamata ricevuta e a non dimenticare il suo compito all’interno della “casa di Dio” (I Tim. 3:14,14). Consideriamo insieme alcune verità!
- LA DISTINZIONE
L’espressione “Ma tu…” mette Timoteo in contrapposizione ai falsi dottori (vv.3,10). La società cristiana di quel tempo era colma di falsi apostoli (II Cor.11:13); falsi fratelli (II Cor. 11:26); falsi dottori e falsi insegnanti (Col. 2:4,8,16). La nostra realtà evangelica non è molto diversa, ciò nonostante possiamo contare su una grande verità: Dio ha ancora degli uomini fedeli! (I Re 19:18). Timoteo doveva distinguersi:
- Per la sua gravità. A differenza dei falsi dottori, riconosciuti da tutti come immorali, uomini leggeri, empi che volgevano in dissolutezza la grazia di Dio, il giovane Timoteo avrebbe dovuto, manifestare a tutti la serietà del suo carattere, la compostezza delle sue azioni, la dignità del suo essere “uomo di Dio”, la correttezza e il contegno della sua vita rigenerata dal sangue di Cristo. Dio ci aiuti a servirLo con diligenza, scrupolosità, attenzione e serietà (Ef.5:15);
- Per la sua integrità. Ciò che rende uguali, simili i falsi dottori era ed è il loro amore per ciò che non è santo (II Tim.3:1-5; Gd.10,11). Timoteo doveva mostrare non soltanto nell’esercizio del suo ministero, ma in tutta la sua vita correttezza, onestà, lealtà, incorruttibilità e virtù cristiane (II Pt.1:5-8). Il suo amore per le cose sante di Dio l’avrebbero reso un uomo integro (Filpp. 4:8);
- LA DESCRIZIONE
L’appellativo “…uomo di Dio…” è semplice, ma estremamente ricco di significati e appare soltanto due volte nel Nuovo Testamento (I Tim. 6:11; II Tim.3:17). Consideriamo insieme:
- Il possesso.. Timoteo non apparteneva più a se stesso. Per grazia divina era stato fatto un “uomo di Dio” e di conseguenza avrebbe dovuto portare avanti il compito di servitore di Dio (Atti 27:23);
- Il richiamo. L’appellativo “uomo di Dio” appare per la prima volta nel Pentateuco in riferimento a Mosè (Deut. 33:1). Anche i profeti come Elia, Eliseo venivano chiamati uomini di Dio (I Sam. 2:27; I Re 12:22). L’apostolo Pietro parlando degli scrittori dell’Antico Testamento li definisce “uomini di Dio” (II Pt.1:21). Timoteo, come quelli che vennero prima di lui, era stato chiamato a rappresentare Dio proclamando la Sua Parola (II Cor. 5:20);
- La responsabilità. Paolo utilizza questo titolo per aumentare nel giovane pastore il senso di responsabilità. Come uomini di Dio, rispondendo ad una precisa chiamata, ci siamo assunti delle responsabilità. Innanzitutto, siamo responsabili della nostra consacrazione personale (Rom.12:1); abbiamo il dovere di procacciare l’unita dello Spirito all’interno delle nostre comunità locali (Ef.4:3); come servi di Dio siamo tenuti a presiedere con intelligenza e discernimento (Rom. 12:8); a predicare tutto il Consiglio di Dio (Atti 20:27); a prenderci cura dei credenti che ci sono stati affidati, nessuno escluso (I Pt.5:2); a porci come esempio del gregge (I Tim. 4:12); a servire e a non pretendere di essere serviti (Mr.10:45); Abbiamo anche la responsabilità, come servi di Dio, di stimare gli altri conservi nell’Opera e di essere nei loro confronti sinceri, comprensivi e amorevoli (Filpp.2:3).
- LA DECISIONE
“…fuggi queste cose…”. Paolo utilizza tre imperativi “Fuggi…ricerca…combatti”, i quali sottolineano tre importanti azioni che Timoteo avrebbe dovuto assolutamente compiere, atti, gesta, iniziative che sarebbero scaturire da risolute decisioni. Come servi di Dio dobbiamo essere decisi:
- Nel fuggire. L’utilizzo del verbo al tempo presente indica che l’uomo di Dio deve fuggire incessantemente dai mali associati all’amore del denaro (vv.9,10); dall’idolatria (I Cor. 10:14); dai peccati sessuali (I Cor. 8:18); dagli appetiti giovanili (II Tim.2:22);
- Nel procacciare. Qualcuno ha giustamente detto che “un uomo di Dio si riconosce da quello che insegue”. Dio chiamava Timoteo allora e noi oggi non solo a fuggire il peccato in tutte le sue forme, ma a ricercare nel contempo le virtù spirituali, a correre verso le cose sante di Dio (Mt.6:33; Col.3:1; II Tim. 2:22). Ricerchiamo dunque: la giustizia, termine questo che si riferisce ad azioni giuste e corrette (Ef.5:9); la pietà. Mentre la giustizia ha a che fare con il comportamento, la pietà ha a che fare con i sentimenti e le motivazioni. Un comportamento giusto scaturisce da una giusta comunione con Dio (Eb.12:28); la fede. In questo caso indica la semplice ma incrollabile fiducia nella potenza di Dio e nelle Sue stabili promesse: l’amore. Questa virtù, da ricercare costantemente indica l’amore quale frutto della volontà e della scelta. L’uomo di Dio ha imparato ad amare il suo Signore e i suoi fratelli (Mt. 22:37,39; I Giov.4:7-21); la costanza. Il termine significa “restare sotto” ed è un chiaro riferimento a quell’aspetto del carattere di Cristo impresso nei suoi servi, che manifesta fermezza spirituale in ogni circostanza della vita (Giac. 1:2-4; Rom. 5:3,4); infine, la mansuetudine tradotto anche con “dolcezza, gentilezza, mitezza”. Gli uomini di Dio non reclamano i propri diritti, ma sono disposti a sacrificarli per il bene dell’Opera di Dio e degli altri, rimanendo umili dinanzi al Signore.
- Nel combattere. Ogni “uomo di Dio” è chiamato a combattere (II Tim.2:3; 4:7) e non rendersene conto è un grave pericolo. Consideriamo insieme: la costanza. L’imperativo presente indica la natura continua di questa battaglia che può essere tradotto con “combatti sempre” (Atti 14:22; II Tim.3:12; Mt.10:38); la natura. Il combattimento al quale siamo stati chiamati è buono, tanto da essere definito “…il buon combattimento…”, che può significare “nobile” o “eccellente”; il movente. La causa di questa battaglia è la difesa della fede, l’insieme delle verità rivelate, la Scrittura (Gd.3).
Possa il Signore aiutare ogni Suo servo a dimostrare nell’esercizio quotidiano del proprio ministero quelle caratteristiche proprie degli uomini di Dio.
Gioacchino Caltagirone
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