Epistola di TITO: cap. 2
Le qualifiche di un servo fedele
“Per questa ragione t'ho lasciato in Creta: perché tu dia ordine alle cose che rimangono a fare, e costituisca degli anziani per ogni città, come t'ho ordinato; quando si trovi chi sia irreprensibile, marito d'una sola moglie, avente figliuoli fedeli, che non sieno accusati di dissolutezza né insubordinati. Poiché il vescovo bisogna che sia irreprensibile, come economo di Dio; non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non manesco, non cupido di disonesto guadagno, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, temperante, attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d'esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori” (1:5-9).
- LE RESPONSABILITÀ DI TITO
“Per questa ragione t'ho lasciato in Creta: perché tu dia ordine alle cose che rimangono a fare…”. Questo verso sottolinea le responsabilità di questo giovane servitore di Dio. Il primo motivo per cui Tito fu lasciato a Creta era quello di mettere ordine su alcune cose che avevano contribuito ad abbassare il livello spirituale delle chiese presenti nell’isola. Il verbo epidiarthoò (metta ordine) utilizzato dall’apostolo è composto da termini precisi: “epi” (sopra); “dia” (attraverso) e “orthoò” (raddrizzare). Nei tempi antichi questo termine veniva utilizzato per la sistemazione delle fratture ossee e degli arti deformi, specialità che oggi chiamiamo ortopedia. Tito dunque, aveva l’incarico di correggere e raddrizzare certe dottrine (1:10,11,13,14; 2:1) e pratiche (1:12,16; 3:9). Ma il compito più importante in tale correzione era costituire “degli anziani in ogni città secondo le istruzioni” dell’apostolo. Abbassare i requisiti che Dio esige da coloro che Egli chiama a servirLo e che Lo rappresentano, in modo unico, di fronte al mondo come pure di fronte alla chiesa, ha conseguenze tragiche. Significa disubbidire e disonorare il nome di Dio e indebolire la chiesa. Qualcuno ha detto: “L’uomo che ha dissipato la propria integrità, che contamina il pulpito e distrugge la fiducia e la stima dei suoi fratelli in fede non perde la salvezza o il perdono, ma, di fronte a Dio, perde il privilegio di esercitare la guida della chiesa” ¹ . Queste dunque, erano le responsabilità di Tito: scegliere uomini fidati, di provata fedeltà in seno alle comunità e istituirli dopo averli istruiti, a svolgere l’incarico di pastori delle anime. Paolo era stato chiaro: solo l’uomo il cui carattere si conforma agli standart divini dovrebbe essere autorizzato ad entrare o rimanere nel ministero.
- IL SIGNIFICATO DEL TERMINE “ANZIANO”
Il termine anziano traduce la parola greca presbuteros che, in generale, faceva riferimento a persone di età avanzata. Nell'Antico Testamento durante il soggiorno d'Israele in Egitto, gli anziani (Esodo 4:29-31), erano probabilmente i capi tribù, ovvero gli uomini più avanti negli anni e i più assennati. Benché la loro autorità fosse essenzialmente paterna, erano considerati, fino a un certo punto, come i rappresentanti della nazione. Vi era tuttavia un corpo d'anziani scelti, cui erano affidate cariche speciali (Numeri 11:16, 17, 24) e che erano presi nella classe generale degli anziani. Nel Nuovo Testamento invece il nome anziano o presbitero è, senza dubbio, di origine giudeo-cristiana, ed è la traduzione del titolo ebraico applicato ai reggitori delle sinagoghe, cui era affidato il governo delle cose sacre. In origine, si riferiva all'età e alla dignità; poi all'ufficio. Dalla lettura di molti brani del Nuovo Testamento sembra chiaro che i termini “anziano”, “vescovo” e “pastore” facciano riferimento allo stesso incarico. In Atti 20:28, Paolo chiama "vescovi" quegli stessi conduttori della Chiesa di Efeso, i quali avea poc'anzi chiamati "anziani" (Atti 20:17). In Filippesi 1:1, saluta i santi che sono in Filippi insieme ai "vescovi e diaconi", senza mentovare gli anziani, il che è stato spiegato con il supporre che questi erano identici ai vescovi. Il passo di Tito 1:5, ed altri delle epistole pastorali dimostrano lo stesso fatto. Concludiamo affermando che questi presbiteri o vescovi dell'età apostolica erano i maestri e pastori, i predicatori e conduttori delle congregazioni. Certo è per altro, che fra loro vi erano distinzioni, a seconda dei doni particolari ricevuti.
- LE CARATTERISTICHE DEI VERI ANZIANI
Diamo insieme uno sguardo alle caratteristiche dei veri servitori del Signore.
- Innanzitutto consideriamo la sua reputazione pubblica. “Irreprensibile”. Il termine anenklètos contiene l’idea dell’assoluta mancanza di biasimo. Questo termine non significa semplicemente proscioglimento, ma assenza di una qualsiasi accusa a carico di una persona² . In altre parole, non deve mai succedere che un anziano sia chiamato in giudizio o sia arrestato, per qualsiasi accusa di tipo morale o spirituale (Dan. 6:4; I Tim.4:12). Il Signore vuole che i Suoi servi siano santi, uomini che dimostrino la vita di Cristo (Fil.3:17; I Tess.2:7-12; II Tess.3:9). Irreprensibili nel servizio. Paolo in II Timoteo 2 e 3, usa otto immagini per definire questi “uomini fedeli” (v.2), soldati in servizio (vv.3,4); atleti che lottano secondo le regole (v.5); agricoltori che faticano (v.6); operai fidati (v.15); vasi utili (v.21); e servi (v.24). in secondo luogo devono essere irreprensibili nei confronti della chiesa. Sono chiamati “uomini di Dio” (II Tim.3:17). Devono pascere con amore la Chiesa (Giov. 21:15-17; I Pietro 5:1-3).
- In secondo luogo la sua moralità sessuale. “Marito si una sola moglie” . L’originale riporta: “uomo da una sola donna” o “marito di una sola donna”. Benché la poligamia sia chiaramente proibita dalla Scrittura, non è di questo che l’apostolo sta parlando. Non fa neanche riferimento al vescovo che si sia risposato, perché questa era una pratica concessa (Rom.7:1-3; I Cor.7:39). Non sta neanche dicendo che un vescovo deve essere per forza sposato, e per quel che ne sappiamo, lui stesso non era sposato (I Cor. 9:5). Dunque, l’espressione fa riferimento alla speciale fedeltà dell’uomo verso la donna che è sua moglie (Matteo 5:28). Il servo del Signore che commette tale peccato deve essere squalificato (Prov.6:27-33). Nonostante l’apostolo Paolo fosse un uomo spirituale, sapeva di non essere al riparo da una possibile squalifica (I Cor.9:27).
- In terzo luogo dobbiamo considerare il governo della famiglia. “Che abbia figli fedeli, che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati” . La terza qualifica per l’anziano, qui menzionata, riguarda il governo della propria famiglia. L’uomo che non è in grado di guidare moralmente e spiritualmente la propria famiglia, non è qualificato per condurre un‘intera congregazione. Se i figli sono troppo giovani per comprendere il Vangelo e credere nel figlio di Dio, vale il modello dato a Timoteo cap.3:4,5; 12. diamo uno sguardo ad alcuni figli di grandi uomini di Dio (I Sam.2:12-25; I Re 1:5,6). La gioia di un anziano di chiesa risiede nel vedere i propri figli fedeli a Dio (III Giov. 4).
- Il servo di Dio inoltre deve manifestare delle virtù quali l’essere “…ospitale…”. Considerando i requisiti del pastore, troviamo nell’elenco un particolare degno di nota: l’ospitalità. Gesù insegnò l’ospitalità (Luca 14:12-14). Gesù indubbiamente voleva insegnare che bisogna essere misericordiosi con chi si trova nel bisogno. L’ospitalità è frutto dell’amore (Ebrei 13:1; I Cor 13:1-3; Rom 12:10). L’ospitalità è una pratica biblica (Atti 21:16; I Pietro 4:8,9; Filemone 1-3; Rom.12:13; I Tim.3:2; 5:9,10). L’ospitalità è il punto di partenza per annunziare la Persona di Cristo (Luca 5:29; Atti 5:42; 20:20; 28:23; III Giov.7,8). Ecco alcuni credenti che aprirono la loro casa ad altri servi di Dio: Simone il conciatore di pelli (Atti 9:43); Lidia (Atti 16:15); Filemone (Fil.22); Gaio (Rom.16:23). Gaio (III Giov.5-8). Il brano più interessante sull’ospitalità è Ebrei 13:1,2). Sappiamo che nell’Antico Testamento alcuni personaggi come Abraamo e Sara, Lot, Gedeone, Manoha e sua moglie hanno ospitato degli stranieri che si sono poi rivelati essere degli angeli. Lo scrittore non sta suggerendo che se esercitiamo l’ospitalità ci dovremmo aspettare la visita in incognito di angeli. Piuttosto, intende dire che l’ospitalità spesso risulta in una benedizione e una ricompensa inaspettata. ATTENZIONE! Ci sono persone che non devono essere ospitate (II Giov.10,11; I Cor.5:11-13).
- Un’altra virtù del servo è l’essere amanti del bene. Questa espressione traduce un'unica parola (philagathos) che lascia intendere una profonda affezione per tutto ciò che intrinsecamente bene (Fil.4:8). Ogni servo consacrato dovrebbe essere riconosciuto come sostenitore di ciò che è santo e virtuoso (I Pietro 3:13).
- L’apostolo sottolinea altri requisiti del pastore, infatti deve essere “assennato, giusto, santo, temperante” . Il termine assennato identifica una persona che ragiona con lucidità e ponderatezza, prudente (I Tim.3:2). Inoltre deve essere giusto vale a dire retto, integro, equo. Il Signore è giusto (Giov.17:25; Rom.3:26; I Giov.1:9). L’altro requisito indicatoci da Paolo è “santo” . Il servo di Dio deve ricercare la santità (I Pietro 1:16). Ultimo requisito è la temperanza. Il termine “temperante” può essere anche tradotto con autocontrollo, o continenza (Diodati) (Gal.5.22). L’autocontrollo è strettamente legato alla forza dell’animo rigenerato dalla potenza di Dio che aiuta il credente a controllarsi ad ogni occasione (I Cor.9:24-27). La forza d’essere temperati in ogni cosa è una virtù di grande valore ed una prova di crescita del credente nella grazia. La chiesa ed ogni singolo credente devono quindi esercitare l’autocontrollo sulla propria vita (I Tess.5:22). La Parola di Dio ancora oggi è per il servo di Dio fonte di un santo equilibrio (I Cor.6:12).
- Inoltre deve avere la capacità di insegnare. “…attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono” (II Tim.2:24-26). Il termine attaccato indica la totale aderenza alla Scrittura (Giosuè 1:8; Luca 16:13). I predicatori fedeli a Dio devono essere attaccati soltanto alla Parola di Dio con dedizione zelante e diligenza incrollabile. E’ importante essere preparati, ma bisogna annunziare la Verità nel modo giusto. La Parola di Dio c’insegna come l’insegnante cristiano deve farlo. Innanzitutto:
- Non deve litigare. Non deve spendere le sue forze in vane contese (Tito 1:7). E’ stato affermato che: “chi ha più sale deve preparare la minestra”, volendo dire che se ci si ritiene saggi più degli altri, bisogna per amore di pace saper passare sopra le offese (Prov.16:32).
- Dev’essere mite. La mitezza è l’opposto dell’asprezza, dello spirito autoritario di chi vuol signoreggiare sulla fede altrui, di chi mira ad umiliare gli altri invece di convincerli anche con la propria vita. Bisogna che il servo di Dio sia mite verso tutti, oppositori o no, credenti e non credenti.
- Dev’essere paziente. Letteralmente “sopportatore del male”, disposto cioè a sopportare con pazienza le contraddizioni, le obiezioni, le opposizioni, gli scherni. Il medico non bada alle parole oltraggiose o agli atti incomposti del povero malato delirante di febbre; non risponde agli insulti né ai maltrattamenti che eventualmente deve sopportare e che gli dimostrano semplicemente l’entità del male ch’egli deve cercare di guarire. La Verità va spiegata e difesa con dignità e con calma.
- Correggendo con dolcezza. Il corretto atteggiamento nei confronti degli oppositori, è una questione importante per tutti coloro che detengono posizioni cristiane di responsabilità e, l’esortazione alla dolcezza intende conquistare gli avversari piuttosto che combatterli. La ragione per cui si deve procedere con mansuetudine sta nella possibilità del loro ravvedimento. Se sono leali davanti all’annunzio della Verità, l’accetteranno e lasceranno l’errore.
(¹) L’Opera del Pastore di Richard Baxter.
(²) Expository Dictionary of New Testament Words, W.E.Vine.
Gioacchino Caltagirone
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