Epistola di TITO: cap. 4


Le caratteristiche di una chiesa fedele

    “Ma tu esponi le cose che si convengono alla sana dottrina: Che i vecchi siano sobri, gravi, assennati, sani nella fede, nell'amore, nella pazienza: che le donne attempate abbiano parimente un portamento convenevole a santità, non siano maldicenti né dedite a molto vino, siano maestre di ciò che è buono; onde insegnino alle giovani ad amare i mariti, ad amare i figliuoli, ad esser assennate, caste, date ai lavori domestici, buone, soggette ai loro mariti, affinché la Parola di Dio non sia bestemmiata. Esorta parimente i giovani ad essere assennati, dando te stesso in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell'insegnamento purità incorrotta, gravità, parlar sano, irreprensibile, onde l'avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire di noi. Esorta i servi ad esser sottomessi ai loro padroni, a compiacerli in ogni cosa, a non contraddirli, a non frodarli, ma a mostrar sempre lealtà perfetta, onde onorino la dottrina di Dio, nostro Salvatore, in ogni cosa” (Tito 2:1-10).
    Nel capitolo due lo scrittore lascia il tema che riguarda l’istituzione degli anziani e passa a considerare i membri delle chiese. La congiunzione “ma” segnala una transizione per contrasto con i falsi insegnanti presenti nelle chiese, i quali, nonostante professassero di conoscere Dio, lo negavano con la loro vita empia (Tito 1:16). Quindi, Paolo incarica Tito di sfidare il loro falso insegnamento e la loro falsa vita e di esporre con coraggio e l’aiuto dello Spirito Santo la sana dottrina.
  1. I VECCHI
    L’età avanzata è spesso associata a caratteristiche come la maturità, la saggezza e la pazienza (Giobbe12:12). Ma non è sempre così. L’età avanzata in genere porta ad avere minore energia, un abbassamento dell’udito e della vista. Aumento i dolori e disturbi vari, a cui spesso si aggiungono depressione, scoraggiamento e cinismo (Eccl.12:3-5). Il credente che avanza negli anni dovrebbe avere più amore per Dio, per il Suo popolo e per le cose sante del Signore. Una chiesa è benedetta quando, fra i suoi membri, vi è chi può dire con Paolo: “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede” (II Tim.4:7) e chi può pregare “O Dio, tu mi hai istruito sin dalla mia infanzia, e io, fiono a oggi, ho annunciato le tue meraviglie” (Salmo 71:17). Bisognerebbe apprezzare i credenti più anziani che provvedono forza, stabilità e saggezza alla chiesa (Lev.19:32; Prov.16:31; Salmo 92:14; Prov.4:18). Non è però l’età in se che rende il credente anziano più santo e più fedele. Talvolta anche i “vecchi” hanno bisogno di essere esortati a dimostrare le virtù di Cristo. Anche la persona anziana deve essere ripresa, ma con rispetto e attenzione (I Tim.5:1).
    1. Sobri. La prima caratteristica dei vecchi cristiani e la sobrietà. L’aggettivo “sobrio” significa, principalmente libero da ebbrezza. Gli uomini sobri evitano stravaganze e eccessi. I vecchi sobri sono in grado di discernere chiaramente quali sono le cose più importanti e di valore. Usano il tempo, i soldi e le energie operando scelte attente e meditate;
    2. Dignitosi. Seconda caratteristica dei vecchi credenti è la dignità. Il termine indica ciò che è decoroso e distinto. Quindi questo termine non contiene l’idea di preminenza, bensì di assennatezza. Gli individui dignitosi non sono mai capricciosi, rozzi o superficiali, non scherzano sull’immoralità, la volgarità o su qualsiasi altra cosa peccaminosa e impura;
    3. Assennati. Terza qualità è l’assennatezza. Dovrebbero possedere il discernimento, la prudenza e la saggezza tipiche di tutti coloro che hanno camminato da lungo tempo con Cristo;
    4. Sani nella fede, nell’amore e nella pazienza. Infine, devono mostrare una qualità positiva in tre diversi campi. Il termine “sani” traduce il verbo “hugiainò”, che significa principalmente “stare bene e in salute” e da cui facciamo derivare il sostantivo “igiene”. Quindi il termine fa riferimento a tutto ciò che è in buona salute, vigoroso, intatto, a tutto ciò che è come dovrebbe essere (I Cor.13:4-7; I Giov.4:7; Rom.8:28).
  2. LE DONNE ANZIANE
    Come gli uomini anziani, anche le donne anziane nella chiesa meritano rispetto e considerazione speciali a causa della loro età. Bisogna onorare tali credenti (Ef.6:2; Es.20:12). Anche quando commettono un grave errore, le donne anziane vanno riprese con amore, come se fossero le proprie madri (I Tim.5:2). Paolo stesso dovette esortare due anziane sorelle a vivere concordi nel Signore (Fil.4:2,3). Paolo elenca molte qualità che dovrebbero caratterizzare le donne anziane:
    1. Devono avere un comportamento conforme a santità.L’espressione “conforme a santità” traduce un unico termine che indica un “servizio sacerdotale”. Le donne anziane devono essere esempi di santità e sacralità, Anna ad esempio personificava questa virtù (Luca 2:37,38). A questo tipo di donne Paolo chiese che si vestano in modo decoroso (I Tim.2:9-11);
    2. Non devono essere maldicenti. Le donne anziane timorate di Dio non devono essere maldicenti. Esse si rifiutano di ascoltare e, ancor di più, di diffondere parole calunniose o critiche nei confronti degli altri. Come gli uomini sono inclini a fare il male ad altri fisicamente, così le donne tendono a offendere verbalmente, cosa che può essere ancora più distruttiva. In questo verso Paolo usa il termine “diabolos” (maldicenti), che significa “calunniatore” o “falso accusatore” ed è usato come appellativo di satana, che Gesù definisce “padre della menzogna” (Giov.8:44);
    3. Non devono essere dediti a molto vino. Questa espressione paolina fa riferimento all’ubriachezza. Oggi come allora l’abitudine di bere molto vino diventa più una prigione che una fuga (Prov.20:1; 23:31; Ef.5:18);
    4. Devono essere maestre nel bene. Anche questa espressione è il risultato di una un’unica parola “kalodidaskalos”. Questo termine significa istruire gli altri in ciò che è decoroso, apprezzabile ed elevato, vale a dire in ciò che è santo e pio. Le donne anziane hanno la responsabilità di essere di esempio alle giovani donne della chiesa, incoraggiandole ad essere anche mogli e madri buone e devote (vv.4,5). Dunque le sorelle anziane devono essere insegnanti e modelli di vita santa per incoraggiare le giovani a praticare le virtù cristiane. Anche se le donne non devono insegnare o avere autorità sugli uomini o sulla chiesa (I Tim.2:12), hanno però la responsabilità, conferita da Dio, di insegnare ai figli, in particolare ai propri, e alle giovani della chiesa. Quando le donne credenti e fedeli non trasmettono alle generazioni più le cose di Dio, la chiesa è destinata ad attraversare tempi duri.
  3. LE GIOVANI
    Anche se Paolo usa l’espressione “le giovani”, è chiaro, dal contesto, che qui sta parlando solo delle mogli, vale a dire le giovani donne sposate (vv.4,5). Abbiamo detto che, con il santo insegnamento e il loro pio esempio, le donne anziane nella chiesa devono incoraggiare le giovani…
    1. Ad amare i loro mariti. Il termine tradotto “amare i mariti” è un’unica parola, philandros, che fa riferimento all’amore volontario e determinato, che non si basa sui meriti del marito, ma sul comando di Dio. Secondo la Scrittura anche i mariti sgradevoli, negligenti, infedeli e ingrati devono essere amati. Se una moglie non ama veramente suo marito, deve in ubbidienza al Signore, imparare ad amarlo. Imparare ad amare significa fare cose amabili per l’altra persona, anteporre il suo benessere al proprio, senza aspettarsi un contraccambio (Matteo 5:46; Fil.2:2-4). Non ci sono condizioni o eccezioni. Qui non si dice che amare i mariti è una virtù, ma che non amare i mariti è peccato;
    2. Ad amare i loro figli. Le donne anziane non solo devono incoraggiare le giovani mogli ad amare i mariti, ma anche ad amare i figli. Sia che si tratti di figli propri sia che si tratti di figli adottivi, devono essere amati di un amore che sia altruista e disposto al sacrificio. L’ammonizione di Paolo qui comprende tutti gli aspetti dell’amore. Le giovani madri devono amare i figli in ogni modo (pratico, sociale, fisico, morale e spirituale) di un amore che non ha condizioni né limiti;
    3. Ad essere sagge. Si tratta della stessa qualità che dovrebbero possedere gli anziani della chiesa (1:8), tutti gli uomini vecchi (2:2) e, in definitiva tutti i credenti (2:12). Il buon senso e il discernimento dovrebbero aumentare con l’età, ma dovrebbero già essere evidenti nella gioventù;
    4. Ad essere caste. Il termine fa riferimento in primo luogo alla purezza morale e, specialmente in questo contesto, alla fedeltà coniugale. Come tutte le donne credenti, anche le giovani mogli devono vestirsi in modo decoroso (I Tim.2:9,10: I Pietro 3:3-6);
    5. Ad essere diligenti nel lavori domestici. Una delle cose più difficili per molte donne oggi è accontentarsi di svolgere il lavoro in famiglia. Vorrei considerare con voi quattro realtà:
      • La donna che lavora. Questa è la classica figura di donna che stanca, insoddisfatta e annoiata decide di lavorare fuori casa. Ha abbandonato marito, figli, servizi domestici e si è data interamente alla sua professione. Questa tendenza è impressionante, anche in ambienti cristiani, i quali ammettono che i bambini sono danneggiati dal fatto che trascorrono molto tempo con adulti che non sono i genitori e da quelli ricevono, o non ricevono, gran parte della loro educazione;
      • La donna che pensa di lavorare per il Signore. Questa è la figura di donna impegnata nel servizio cristiano. Svolge attività all’interno della comunità, serve in organizzazioni cristiane, visita gli infermi in ospedale, distribuisce materiale cristiano in scuole, alberghi e in case di cura. Mentre svolge il suo eccellente sevizio, la sua casa giace in rovina (I Tim. 3:4; I Cor.9:27);
      • La donna che pratica i suoi hobby. Questa non lavora fuori casa, né tanto meno dentro casa, non vuole servire Dio, né tanto meno marito e figli, ma si dedica interamente alle sue passioni. Passa dalla chiacchierata mattutina con le altre mamme davanti la scuola, alla palestra, dal fitness al centro bellezza, dallo shopping con le amiche al punto croce. Poi arriva a casa ed è esausta, basterà una telefonata al marito perché questo dopo il lavoro si fermi in una rosticceria e compri del cibo già pronto;
      • La donna cristiana. È colei che usa buonsenso per decidere quanto tempo può essere giusto e ragionevole spendere in attività fuori casa, sia per un lavoro retribuito, sia per un servizio spirituale. Questo tipo di credente sa che la propria casa è il luogo in cui lei può porgere le migliori dimostrazioni d’amore al marito e ai propri figli. È il luogo dove insegna, guida e offre un esempio di amore per Dio ai figli. La casa è il luogo in cui lei ha la speciale opportunità di mostrarsi ospitale e di dedicarsi ad altre opere buone. La casa è il luogo in cui trovare un’autentica e soddisfacente realizzazione, come credente e come donna.
    6. Ad essere buone. Il significato di questo aggettivo è ovvio. Devono essere gentili, premurose, amabili, cordiali e comprensive, anche con coloro che sono immeritevoli e sgarbati, proprio come fece il Signore (Luca 6:35; Ef.4:32);
    7. Ad essere sottomesse ai loro mariti. Questa verità viene più volte ribadita (Ef-5:22,24; I Tim.2:11-14). Tutto questo “perché la parola di Dio non sia disprezzata”. Una versione traduce: “affinché la Parola di Dio non sia colpita da scandalo”. Paolo qui vuol dire che non solo le cose malvage che diciamo e facciamo, ma anche le cose buone che manchiamo di dire e di fare, disonorano Dio e la Sua Parola di fronte alla chiesa e al mondo. Il mondo giudica il vangelo, dal carattere delle persone che credono e sostengono di esserne state trasformate (Matteo 5:16; II Cor.3:2,3).
  4. I GIOVANI
    “Esorta parimente i giovani ad essere assennati, dando te stesso in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell'insegnamento purità incorrotta, gravità, parlar sano, irreprensibile, onde l'avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire di noi”. Continuando a studiare l’epistola di Tito, notiamo che l’apostolo non trascura la condotta che i giovani credenti devono assumere. Con questa esortazione e l’utilizzo della parola “sofronein” che significa “assennato”, Paolo mette in risalto i doveri dei giovani. Consideriamo insieme…
    1. L’esortazione. Il termine “esorta” significa “supplicare insistentemente”. Spesso Paolo si è trovato a esortare i suoi giovani collaboratori (II Tim.2:22), anche Pietro ordinava ai giovani di essere sottomessa agli anziani (I Pietro 5:5). I giovani uomini devono esercitare l’autocontrollo e mostrare buonsenso e giudizio in ogni cosa. Paolo ricordava ai credenti una verità valida anche per noi (I Cor.9:25);
    2. L’esempio. Dopo aver comunicato a Tito un ammonimento di massima da trasmettere ai giovani cretesi affidati alle sue cure, Paolo incarica specificatamente Tito, che probabilmente era ancora giovane, a presentarsi come esempio positivo sia ai giovani delle chiese presenti in Creta che a tutti gli altri credenti. Se l’esempio non accompagna colui che dà il comando, ovviamente questo sarà giustamente giudicato ipocrita (Matteo 15:7,8; 22:18; 23.3). Paolo poteva affermare “siate miei imitatori” (I Cor.11:1; Fil.3:17; II Tess.3:8,9). Paolo esortava Timoteo a mostrarsi come esempio del gregge (I Tim.4:12). Consideriamo insieme in che cosa Tito doveva mostrarsi come esempio. In primo luogo dove essere di esempio nel fare buone opere. Le opere di Tito dovevano essere il riflesso sincero di ciò che egli predicava e insegnava. I credenti sono l’opera del Signore e sono “stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Ef.2:10). In secondo luogo Tito doveva mostrasi di esempio nell’integrità del suo insegnamento. Molti falsi insegnanti erano schiavi della corruzione (II Pietro 2:19), di conseguenza Tito doveva distinguersi da tutti gli altri per il suo insegnamento privo di corruzione. In terzo luogo Tito doveva vivere una vita improntata a dignità, vale a dire una vita seria. La dignità non vieta l’umorismo, la risata e il divertimento, ma distingue ciò che è importante da ciò che è insignificante. Infine, Tito doveva essere di esempio con il suo linguaggio sano irreprensibile. Il termine “linguaggio” è spesso tradotto “logos - parola”. Questo termine indica la Parola di Dio (Marco 7:13; Apoc.1:2,9), o anche il Cristo (Giov.1:1; Apoc.19:13). Infine, indica anche il linguaggio, la conversazione (Ef.4:29). Il modo di parlare del giovane pastore Tito, sia durante l’insegnamento sia durante le conversazioni informali, doveva essere sano, corretto, edificante, incoraggiante, appropriato e irreprensibile (Eccl.12:1-3);
    3. Il risultato. La vita santa degli uomini e delle donne anziani di età, come quella delle donne e degli uomini giovani, ha, in parte, lo scopo di rendere confuso colui che critica Cristo, la Chiesa e il suo popolo. Pietro ci esorta ad avere una buona condotta fra i pagani (I Pietro 2:11-15).
  5. I SERVI
    A differenza delle prime quattro, la quinta categoria di credenti che Paolo raccomanda a Tito non è qualificata per l’età, ma per la condizione sociale. Il termine servi traduce doulos “schiavi”, cioè coloro che erano posseduti e dominati da padroni.
    BREVE NOTA STORICA: la schiavitù L’impero romano dipendeva dagli schiavi per gran parte delle attività lavorative e quindi essi erano un settore essenziale della società e dell’economia. Molti schiavi, se non la maggior parte, erano umiliati e spesso maltrattati. Per disubbidienze di poco conto, o semplicemente perché il padrone era scontento di loro, potevano essere venduti, crudelmente picchiati o addirittura uccisi. Dall’altro lato, molti di loro avevano grandi responsabilità e autorità e governavano la casa o la fattoria padronale o si occupavano degli affari della famiglia. Avevano il permesso di sposarsi e di farsi una famiglia.
    L’apostolo Paolo non commenta l’istituzione della schiavitù e non ne giudica la legittimità o la sua morale. Semplicemente ne riconosce l’esistenza e tratta, invece, l’atteggiamento che i servi credenti devono avere verso i loro padroni, siano questi credenti o increduli. La Bibbia non giustifica mai la ribellione per ottenere vantaggi o diritti economici, sociali e politici. Invece è messa in luce la responsabilità dei servi, che devono servire con fedeltà i loro padroni, per dimostrare la potenza trasformatrice di Dio nella loro vita (Ef.6:5,6; Col.3:22-24; I Tim. 6:1). Nei versi presi in esame Paolo elenca cinque qualifiche che dovrebbero caratterizzare ogni servo e ogni altro credente alle dipendenze di un datore di lavoro.
    1. Sottomessi. Questo termine era spesso usato nel linguaggio militare per indicare il rapporto di subordinazione esistente fra il soldato e ufficiali superiori. Non importa se il capo è una persona irragionevole o la situazione sul posto di lavoro è opprimente, il credente fedele deve, di buon grado, sottomettersi in ogni cosa. La vera sottomissione è essenziale nella famiglia (Ef.6:1; Col.3:20), nel governo, dove i cittadini devono onorare e rispettare le autorità (Rom.13:1-7);
    2. Pienamente impegnati. I lavoratori credenti devono compiacere i loro padroni, impegnandosi a svolgere il lavoro in modo eccellente. Noi dobbiamo innanzitutto piacere a Dio (Rom.12:1,2; 14:17,18; II Cor.5:9; Fil.4:18; Ef.5:10). Anche sul posto di lavoro il nostro vero “caporeparto” è, in definitiva, Cristo (I Tim.6:2);
    3. Rispettosi. In terzo luogo il lavoratore credente deve mostrare rispetto verso il suo datore di lavoro. Il termine “contraddirli” indica il “parlare contro”. Termine usato diverse volte nel Nuovo Testamento (Atti 13:43-45; ebrei 7:7; Giuda 11). In questa epoca di egocentrismo e autoesaltazione i contrasti verbali sono quasi diventati un modello di vita per alcuni, compresi sfortunatamente, anche i credenti;
    4. Onesti. I lavoratori credenti devono comportarsi onestamente verso i datori di lavoro e non devono derubarli, vale a dire appropriarsi indebitamente di qualcosa. oggi molti lavoratori hanno l’accesso ai fondi e alle proprietà della loro azienda e possono agevolmente servirsene per uso personale. Ma ci si può appropriare indebitamente anche falsando i fogli di presenza o gonfiando le note spese, portando a casa il materiale di cancelleria dell’ufficio, utilizzando il telefonino dell’azienda per chiamate personali o la macchina della ditta per tragitti privati. Quando i credenti fanno tali cose, il loro comportamento non è solo dannoso per le finanze del datore di lavoro, ma anche empio e dannoso per il nome del Signore e per la testimonianza personale (Rom.13:3; II Cor.8:21; Ef.4:28; I Tess.4:12; Ebrei 13:18);
    5. Leali. Il servo deve mostrare sempre lealtà perfetta. Il lavoratore credente deve fare in modo che la sua lealtà non sia mai messa in dubbio e quindi deve darne sempre ampia dimostrazione (II Sam.22:26; Prov.11:13). Tutto questo perché la dottrina di Dio sia onorata (2:10). Il vero onorare traduce “Kosmeò”, da cui facciamo derivare la parola “cosmesi”, vale a dire quell’insieme di sostanze naturali e artificiali che le donne e gli uomini usano essere più attraenti. Nei tempi antichi era usata per indicare la realizzazione di gioielli. Paolo, naturalmente, non sta parlando dell’ornamento esteriore, ma di quello interiore che consiste nel possedere le virtù e la santità di Dio.

    Gioacchino Caltagirone

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