Il culto cristiano cap. 1 “Che dunque fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione” (I Cor.14:26)
Il culto cristiano: Espressione della devozione del credente
Quando si parla di ordine DEL culto non si parla di una forma liturgica del culto a Dio, ma dell’ordine NEL culto. Dal Nuovo Testamento possiamo trarre le componenti del culto come era celebrato dai primi cristiani, v’era la preghiera, il canto, la lettura della Parola e la predicazione di Essa, le manifestazioni carismatiche, l’offerta e inizialmente la cena del Signore. Non in una forma precostituita, ma lasciando allo Spirito Santo la libertà di guidare l’uditorio spontaneamente nell’adorazione.
In questo paragrafo l’apostolo ispirato dallo Spirito Santo scrive delle norme di comportamento da tenere durante il culto affinché tutto sia fatto con decoro e con ordine. Inoltre abbiamo un esempio di come si svolgevano i culti nelle chiese dell’era apostolica:
“Che dunque, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione” (v.26)
“Che dunque? Cioè, che bisogna fare, come bisogna agire, dopo quanto è stato detto? Il culto a Dio richiede innanzitutto la partecipazione attiva di tutti i credenti: “Avendo ciascuno di voi…”. Poi abbiamo gli elementi nei quali tutti possono partecipare come “sospinti” dallo Spirito Santo: “Un salmo”, un cantico di lode, o un cantico pneumatico; “o un insegnamento”, una riflessione, una lezione pratica, un’esortazione; “o una rivelazione”, probabilmente si riferisce alla profezia che non è in questo elenco; “o un parlare in altra lingua”, un carisma delle lingue; “o un’interpretazione”, carisma dell’interpretazione delle lingue”. Tra questi elementi è assente la predicazione dalla Scrittura riservata a coloro che il Signore ha chiamato al ministerio della Parola. “Si faccia ogni cosa per l’edificazione”
Questo continuo insistere sull’edificazione della chiesa (cfr. 14: 3, 4, 5, 10) è necessario ricordarlo ai Corinzi, e non soltanto a loro, perché lo scopo del culto è l’edificazione comune dei credenti.
- Il significato biblico del termine
Nella lingua italiana il termine “culto” trae le sue origini dalla parola “coltivare”. La dottrina del Nuovo Testamento, in linea con l’Antico Testamento, ribadisce che ogni riunione di culto è un servizio, cioè un’offerta volontaria di gratitudine, che i credenti, lavati col sangue di Gesù, offrono a Dio (Esodo 4:22,23; Atti 24:14). La parola “culto” nel Nuovo Testamento è la traduzione di cinque termini diversi:
servire, adorare, rendere il culto (Rom.9:4; Fil.3:3; Ebr.9:1;12:28);
riverire (Matteo15:9; II Tess.2:4), cioè oggetto di riverenza e devozione;
religione nel suo aspetto esteriore dei riti (Col.2:18);
religione non imposta ma volontaria (Col.2:23);
atto devoto verso la divinità (Atti17:23).
Da questi diversi termini ricaviamo il triplice aspetto o le tre virtù che caratterizzano il culto cristiano: Fede – Riverenza – Consacrazione.
- La natura delle riunioni di culto
La Bibbia non mette l’accento sull’aspetto coreografico del culto, ma su quello interiore (Giov.4:23,24).
La fede. Deve essere fondata nella Sua Parola e nelle Sue gloriose promesse (Matt.18:20). La fede rende certa la comunione con Dio in virtù dell’opera di Cristo (Efesini 3:11,12). Facendo riferimento a Giovanni 4:24, ogni credente dovrebbe presentare tre caratteristiche, conseguenza della fede. Pertanto è necessario essere:
- nati di nuovo, (Giov.3:5), la nuova natura è in comunione con Dio (Gal. 2:20), tale comunione deve essere salvaguardata (Rom.8:13);
- nella sana dottrina, l’adorazione, il culto che rendiamo al Signore non è indipendente dalla sana dottrina, le false dottrine impediscono la comunione con Dio (Giov. 8:32.40; Rom.1:25);
- onesti e trasparenti, la sincerità è caratteristica che non può essere trascurata (Rom.1:9). Nel Nuovo Testamento l’accento è costantemente posto sul cuore (Rom. 10:10).
La riverenza.
La riverenza è devozione (Ebrei 12:28), che spinge a piacere a Dio (Atti 22:12). La devozione, il timore è rispetto profondo e desiderio di chi non vuole offendere Dio. La riverenza terrà lontana da noi ogni forma di auto esaltazione.
lo spettacolo, tutte quelle riunione nelle quali i credenti vengono posti nella condizione di spettatori. Il servizio segue un ordine ben preciso, con grande cura delle capacità tecniche e degli effetti (Atti 20:28-30);
il formalismo, è l’altro eccesso. Il timore di stravaganze ed intemperanze spinge ad ingessare e a bloccare il servizio cristiano. Naturalmente anche in questo caso non v’è più la giuda dello Spirito Santo (I Tess. 5:19,20).
La consacrazione.
(Rom.12:1,2). Paolo per mezzo dello Spirito Santo richiama alla nostra mente un’immagine del culto dell’Antico Testamento per evidenziare un aspetto di quello attuale. A tal proposito consideriamo:
- il corpo: “a presentare i vostri corpi”, la menzione del corpo mette in rilievo l’importanza dell’aspetto interiore (I Cor.6:19,20) e dell’aspetto esteriore (I Cor.11:4-5; Marco 5:15; Giac.2:2);
- vivente: “in sacrificio vivente” questo aggettivo richiama una condizione di favore dinanzi a Dio (Rom.6:11,13), indica anche la partecipazione attiva al servizio (I Tim.3:15);
- accettevole: “santo, accettevole a Dio” vuol dire gradito, un profumo d’odore soave (Fil.4:18), un dono che genera sensazioni piacevoli e disposizioni di favore a chi lo riceve (Efesini 5:2).
Gioacchino Caltagirone |