Epistola di TITO: cap. 6


Le responsabilità del credentein una società pagana

    “Ricorda loro che siano sottomessi ai magistrati e alle autorità, che siano ubbidienti, pronti a fare ogni opera buona, che non dicano male di nessuno, che non siano litigiosi, che siano miti, mostrando grande gentilezza verso tutti gli uomini. Perché anche noi un tempo eravamo insensati, ribelli, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella cattiveria e nell'invidia, odiosi e odiandoci a vicenda. Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesú, nostro Salvatore, affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna. Certa è quest'affermazione, e voglio che tu insista con forza su queste cose, perché quelli che hanno creduto in Dio abbiano cura di dedicarsi a opere buone. Queste cose sono buone e utili agli uomini” (Tito 3:1-8).
    Dopo aver esaminato il tema della vita del pastore e del credente nella chiesa, l’apostolo passa ora a considerare la vita del credente nella società. Ci rattristiamo per l’aumento della volgarità, l’oscenità, la falsità, la corruzione, la slealtà, la permissività e ogni altra forma di depravazione che corrode sempre di più la nostra società. Se pur nobile il desiderio di vedere la nostra società cambiata, Dio non chiama la chiesa a rinnovare la società promuovendo leggi che favoriscono i modelli biblici. L’unico mandato divino affidato alla chiesa è condurre i peccatori alla salvezza attraverso Cristo I Pietro 2:5-9; Marco 16:15). Lo scopo di ogni credente è quello di condurre Cristo ai peccatori e i peccatori a Cristo.
    1. Ricordate i vostri doveri.I versi uno e due sottolineano sette doveri cristiani validi per i credenti di ogni epoca. In ubbidienza alla Parola di Dio non dobbiamo conformarci a questo mondo (Rom.12:2; I Pietro 2:12; Rom.13.1-7).
      • Primo. Dobbiamo essere “sottomessi ai magistrati e alle autorità”. Gesù ci insegna questa grande verità (Matteo 22:16-21). Gesù non disse che le tasse erano giuste e che il denaro raccolto sarebbe stato usato per buoni scopi. Sapeva benissimo che l’imperatore proclamava di essere un dio e che i giudei consideravano la sua immagine sulla moneta una forma di idolatria. Tuttavia dichiarò, senza possibilità di essere frainteso, che le tasse dovevano essere pagate (Matteo 17:24-27);
      • Secondo. Dobbiamo essere “ubbidienti”alle autorità umane. Indubbiamente l’unica eccezione riguarda il comando di fare qualcosa che va contro i comandi di Dio (Atti 4:18-20);
      • Terzo. Dobbiamo essere “pronti a fare ogni opera buona”. L’apostolo ci esorta ad essere pieni di buona volontà e sinceramente disposti a fare ogni opera buona, ogni volta che ne abbiamo la possibilità (Gal.6:10). I falsi credenti, invece, “professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, essendo abominevoli e ribelli, incapaci di qualsiasi opera buona” (Tito 1:6). La vita del credente dovrebbe essere una continua dimostrazione della trasformazione spirituale che si ottiene attraverso la fede in Gesù Cristo;
      • Quarto. Non dobbiamo dire “male di nessuno”. L’espressione “dicono male” traduce il verbo blasphèmeò , da cui facciamo derivare l’italiano “blasfemo”. Il temine significa screditare, condannare e trattare con disprezzo, cose che non si dovrebbero mai fare, neanche per un giusto motivo (I Tim.2:1-4);
      • Quinto. Non dobbiamo essere “litigiosi”. Il credente non è un ribelle, né un litigioso né tanto meno un belligerante. È una persona trasformata, animata dallo Spirito pacifico di Dio (Rom.12:18);
      • Sesto. Dobbiamo essere “miti”. Il termine suggerisce i concetti di moderazione, giustizia e pazienza nei confronti degli altri. Questa disposizione diceva un famoso predicatore è l’atteggiamento di “dolce ragionevolezza” di chi non serba rancore, ma concede agli altri il beneficio del dubbio;
      • Settimo. Dobbiamo “mostrare grande gentilezza verso tutti gli uomini”. Il termine “gentilezza” viene sempre usato nel Nuovo Testamento per indicare un interesse sincero e altruistico. È tradotto anche con “mansuetudine” e “dolcezza” (II Cor.10:1; Matteo 21:5;11:29). Il nostro atteggiamento verso gli increduli dovrebbe sempre essere improntato a gentilezza (I Pietro 3:15,16). Anche il nostro rapporto con i fratelli in fede, deve essere controllato dalla mansuetudine (Gal.6:1). La gentilezza deve essere esercitata anche verso gli eretici (II Tim.2:25). Non sorprende, perciò che la gentilezza faccia parte del frutto dello Spirito (Gal.5:22). Ascoltiamo l’esortazione di Paolo (Col.3:12).
    2. Ricordate la vostra precedente condizione (3:3). In questo verso Paolo elenca sette vizi di cui i non salvati si rendono colpevoli e che noi stessi commettevamo.
      • Primo. Paolo ricorda che anche noi “un tempo eravamo insensati”. Il termine indica una completa mancanza di comprensione. L’apostolo vuole sottolineare che, anche se l’istruzione e i traguardi intellettuali degli uomini possono essere molto avanzati, se non riconoscono Dio e non credono in Lui per essere liberati dal peccato, sono insensati, vale a dire inconsapevoli della più importante verità che li riguarda (I Cor.1:20.25);
      • Secondo. Dobbiamo essere pazienti e misericordiosi con gli uomini non salvati, perché, quando eravamo increduli, anche noi eravamo per natura “ribelli” (Ger.17:9; Matteo 15:19);
      • Terzo. Quando eravamo increduli, per nostra stessa natura eravamo “traviati”. Il verbo significa “condurre di proposito fuori strada”. Satana ha l’obbiettivo di trascinare i peccatori in un peccato e un’empietà sempre maggiori (Apoc.12:9; Giov.8:44);
      • Quarto. Quando eravamo increduli, per nostra stessa natura eravamo “schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri” (Rom.3:10-18). Anche se non possiamo fare a meno di essere sgomenti quando vediamo il male avanzare, non dobbiamo però sorprendercene. Paolo ricordava ai romani che, prima della salvezza, prestavano le loro membra al servizio del peccato (Rom.6:19). Le passioni sono i desideri peccaminosi, mentre i piaceri sono le soddisfazioni peccaminose;
      • Quinto. Quando eravamo increduli, vivevamo “nella cattiveria”. Il termine cattiveria significa nella lingua originale “male” o, come traduce Bosio “un carattere in generale immorale”;
      • Sesto. Quando eravamo increduli vivevamo “nell’invidia”. L’invidia è un peccato che porta in sé la sua retribuzione perché si accompagna, inevitabilmente, a frustrazione e scontentezza. L’individuo invidioso non riesce mai a essere soddisfatto di ciò che ha e desidera sempre di più;
      • Settimo. Quando eravamo increduli eravamo anche “odiosi”. L’odio è un frutto naturale dell’invidia, ma può avere anche altre origini. Gli individui odiosi disprezzano qualunque persona o cosa si trovi sul loro cammino o dia loro noia.Dobbiamo guardare gli individui non salvati così come il Signore lì guardò durante la sua incarnazione e come li guarda oggi, con pena e lacrime per la loro situazione di perduti e con il misericordioso desiderio di vederli pentirsi, credere in Gesù e essere salvati.
    3. Ricordate la vostra salvezza (3:3-7). L’apostolo ora muove al terzo argomento che bisogna ricordare. Infatti, la congiunzione “ma”, segnala questo passaggio, dalla nostra vecchia condizione di perduti, che è importante ricordare, all’attuale nostra condizione di salvati, che è altrettanto importante tenere presente. Come nel precedente argomento, anche qui Paolo elenca sette punti che sono in realtà i sette aspetti della salvezza. Consideriamo insieme:
      • Primo. La bontà di Dio. Il termine chrèstotès indica intensa bontà e generosità di cuore. La nostra salvezza dal peccato scaturì unicamente dalla bontà di Dio. Dio è buono verso i perduti (Luca 6:35), ma ancora di più è buono verso coloro che Gli sono figli (Ef.2:4-7). Nessuno disprezzi questa divina bontà (Rom.2:4; 11.22);
      • Secondo. L’amore di Dio (Giov.3:16,17). Dobbiamo ricordare che siamo salvati dall’immeritato e spontaneo amore di Dio. Questa espressione “amore per gli uomini” traduce un unico termine greco, philanthròpia. Esso è composto da due diverse parole, phileò (amare) e antrhòpos (uomo o umanità), e fa riferimento alla compassione, alla volontà di liberare qualcuno dal dolore, dai guai o dal pericolo (Atti 27:3; 28:2). L’Antico Testamento parla spesso dell’amore di Dio (Lam.3:22; Salmo 86:15; 145:8; 111:4). Anche il Nuovo Testamento sottolinea l’amore di Dio (Ef.2:4-6; Gal.2:20; Apoc.1:5);
      • Terzo. La misericordia di Dio. Siamo stati salvati non mediante i nostri sforzi, ma per la Sua misericordia.
        NOTA: La salvezza per opere meritorie. Questa teoria afferma che le buone opere ci rendono graziosi davanti a Dio. Questa è contraria alla Scrittura (Efesi 2:8-9) ed è contraria alla logica in quanto renderebbe il sacrificio di Cristo incompleto. Le buone opere sono unicamente il risultato della opera di Cristo e che si manifestano nella nostra vita per le virtù dello Spirito Santo.
        Detto questo, possiamo affermare che siamo stati salvati per la divina misericordia di Dio. Per certi versi la misericordia è simile alla grazia, che Paolo menziona al verso 7. Ma mentre la grazia si rapporta alla colpa, la misericordia si rapporta all’afflizione;
      • Quarto. L’opera di Dio. Siamo stati inoltre salvati perché Dio ha deciso, pietosamente, di provvederci il bagno della rigenerazione (Ef.5:26; Giac.1:18; I Pietro 1:23). Il termine palingenesi (rigenerazione) contiene l’idea del ricevere una nuova vita, rinascita o nascita dall’alto (Giov.3:5; Ef.5:26; I Giov.3:9; 5:18);
      • Quinto. L’intervento dello Spirito di Dio. Dobbiamo ricordare che la nostra salvezza è giunta attraverso il rinnovamento dello Spirito Santo (II Cor.5:17). Si tratta dell’opera di santificazione compiuta dallo Spirito (I Pietro 1:2), che permette al credente di salire sulla scala che porta alla gloria, gradino dopo gradino (II Cor.3:18);
      • Sesto. sostituto offertoci da Dio. Dobbiamo ricordare che la Sua morte al nostro posto, è per noi, il mezzo, l’unico mezzo, della nostra salvezza.
      • Settimo. La grazia di Dio. Infine, dobbiamo ricordare che siamo stati salvati dalla grazia di Dio (II Tim.1:9; Rom.4:2-8; 9:11; Ef.2:8,9).

      Tabella riassuntiva dell’Opera di Cristo compiuta in nostro favore.
      AmartiologiaSoteriologiaPneumatologiaCristologiaVirtù
      Conseguenza del peccatoOrdine della salvezzaOpera dello Spirito SantoTriplice ministerio di CristoDoni di Dio per il credente
      ColpaGiustificazioneConvinceProfetaFede
      CorruzioneRigenerazione e SantificazioneNuova NascitaSacerdoteAmore
      PenaGlorificazionePreservazioneRe (Sposo per la Chiesa)Speranza


    4. Ricordate la vostra missione (3:8). Se vogliamo vivere come Dio vuole, in una società pagana, dobbiamo tenere presente la missione che Dio ci ha incaricati di svolgere in questa società. Oltre al mandato di predicare il regno di Dio (Marco 16:15) il credente deve manifestare l’amore di Dio in lui praticando le buone opere. Paolo quindi ordina a Tito che insista con forza, spiegando queste verità alle chiese, affinché, come ha già scritto in 3:1 “quelli che hanno creduto in Dio abbiano cura di dedicarsi a opere buone”. Questo giovane predicatore non doveva essere esitante, indeciso o tentennante, bensì coraggioso e sicuro, parlando ed agendo con la ferma convinzione datagli dalla consapevolezza di star compiendo un’opera voluta da Dio. Queste opere buone che i credenti devono praticare coincidono con quelle azioni sincere, giuste, virtuose a favore dei più deboli e dei perduti. Consideriamo insieme qualche opera buona che possiamo esercitare:
      • Il dare. (Luca 21:1-4). Donare per l’opera del Signore è uno dei privilegi più grandi che Egli poteva accordarci;
      • La preghiera. Fra le diverse opere buone v’è sicuramente anche la preghiera per coloro che sono perduti, opere di cui essi forse non verranno mai a conoscenza, ma che hanno come conseguenza la loro benedizione e, speriamo, la loro salvezza (Ez.22:30);
      • L’aiuto verso il bisognoso. La parabola del buon Samaritano è emblematica (Luca 10:30-37);
      • Sostegno economico e spirituale verso i deboli. I servi di Dio hanno realizzato questo (II Re 4:42-44). Quando Gesù vedeva le folle ne aveva compassione e provvedeva loro sostegno economico e spirituale (Matteo 14:14-21). Giacomo insegna l’importanza di sostenere i deboli (Giac. 2:14-26);
      • Visitare gli infermi e prendersi cura di loro. (Matteo 25:35-40);
      • Occuparsi di opere che promuovono il bene degli altri. (Atti 6).

      Gioacchino Caltagirone

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